INQUADRAMENTO STORICO - AMMINISTRATIVO

Fauglia, nello sviluppo dell’economia rurale, come tutte le campagne vicino alle città, è rimasta sempre in prevalenza legata a Pisa e, di conseguenza, aveva sempre fatto parte, in linea generale e solo in alcune eccezioni, dell’orbita pisane e delle sue modifiche intervenute a seguito della fine della repubblica.
Nel XIII° secolo, Pisa, con la progressiva perdita d’importanza quale città marinara, si trovò nella necessità di integrare la sua economia con una politica che, tenendo conto delle potenzialità delle attività di terraferma, valorizzasse prima la pianura pisana, e poi, a causa del brigantaggio e delle ripetute incursioni militari di Firenze, la collina sede di fortificazioni.
Fauglia, punto di intersezione ideale tra Pisa, Livorno e Pontedera, risentì particolarmente di questa evoluzione, ne è un esempio il castrum di Valtriano.
All’inizio del XV° secolo, però, con il susseguirsi delle guerre e delle pestilenze, unitamente all’esodo della decaduta classe dirigente pisana e la contemporanea incuria del nuovo dominio fiorentino, l’area della pianura e della collina pisana risultava in stato di abbandono, con una densità di popolazione inferiore a 10 abitanti per kmq, e con una assenza quasi totale della mezzadria che, al contrario, aveva garantito la tenuta della rete insediativa della campagna fiorentina.
In questo secolo Fauglia viene assoggettata nel 1415 alla podesteria di Crespina e nel 1491 alla podesteria di Lari.
Nella seconda parte del XVI° secolo si determinarono, comunque, le condizioni per una inversione di tendenza, grazie all’abbandono delle terre di montagna, di alta collina e delle pianure costiere. Nello stesso tempo il decentramento amministrativo attuato dai Medici, aveva di nuovo coinvolto la dirigenza pisana, facendo si che la città riprendesse il controllo del proprio contado, grazie anche all’espansione delle attività industriali e commerciali.
Questi elementi, insieme agli interventi economici effettuati soprattutto dove si trovavano le fattorie granducali, e ad alcune facilitazioni di ordine fiscale, indussero un intenso accrescimento della popolazione, l’espansione della media e grande proprietà dei fiorentini e la diffusione del contratto mezzadrile, come dimostrato dai numerosi tagli di boschi per la messa a cultura di nuove terre e il miglioramento di quelle già coltivate.
Questo fenomeno ebbe particolare sviluppo nell’area della colline pisane, sia per le effettive potenzialità dei terreni che per i sostanziosi investimenti fiorentini, fattore quest’ultimo che, in ultimo, giunse a determinare una grande concentrazione di proprietà nelle mani di poche famiglie.
Fino a quel momento le Comunità interessate, tra cui quella di Fauglia, che dipendevano dal Distretto dello “Stato vecchio” di Firenze, avevano avuto un proprio statuto rurale, con disposizioni concernenti la polizia rurale ed il “danno dato”, cioè le controversie tra proprietà private e sfruttamento delle terre collettive o fra agricoltori e pastori,ecc. Su di esse esercitava il controllo il Magistrato dei Surrogati de’ Nove di Pisa, unito all’Uffizio dei Fiumi e Fossi.
Una prima importante modifica di carattere amministrativo allo status dell’area, però, si ebbe con la “Legge del nuovo aggiunto dell’antico territorio di Livorno”, un motuproprio del 14 aprile 1606, con il quale il granduca Ferdinando I costituiva il Capitanato Nuovo di Livorno, aggiungendo i vicariati di Fauglia e di Lari, territori di un certo spessore economico e sociale, a quelli costieri del Vecchio Capitanato, caratterizzati solo da scarsa popolazione e da ancora più scarse coltivazioni, paludi, boschi e bandite di caccia.
L’omogeneità territoriale indotta dalle grandi proprietà e la ristrutturazione gestionale che aveva rafforzato notevolmente la mezzadria, con il conseguente sviluppo demografico locale, furono le chiavi di volta per la modifica della situazione economica, culturale ed ambientale dell’area.
Infatti, la nascita del podere rivoluzionò la storia dell’insediamento rurale, con la modifica degli antichi sistemi di sfruttamento del suolo, con investimenti molto superiori al passato e con il rinnovamento totale dei metodi di produzione connessi ad interventi di microidraulica. Ma rivoluzionò anche il paesaggio e la cultura, con le ville, i poderi, veri e propri centri produttivi interni alle tenute, e soprattutto le case del contadino, che costituirono l’organizzazione abitativa dell’insediamento sparso.
Così, nell’area della comunità di Fauglia, compresa tra il fiume Tora a sud, l’ultimo tratto della Crespina ad est e l’ultima propaggine nord di Valtriano, nel catasto del 1622 si contano 20 poderi e 6 case coloniche.
Contemporaneamente si assiste alla crescita di numerosi borghi, centri nei quali si accentrano le molteplici attività connesse ad una politica economica in espansione. In tal modo Fauglia, che nel 1552 aveva solo 172 abitanti nel 1671 ne contava gia 464.
Nel XVII° secolo si ha anche una notevole spinta migratoria verso il nuovo potere commerciale che si sta formando nella città di Livorno. Con la riforma di Pietro Leopoldo del 1790, la Comunità di fauglia rientrò di nuovo nell’orbita pisana, quale Vicariato facente parte del Compartimento di Pisa, e risultava composto da Fauglia, Crespina-Milito-Leccia, Colognole di Lari, Castellanselmo-Nugola, Gabbro, Marrana, Postignano, Montalto, S.Regolo-Luciana.
Ma proprio gli elementi direttivi della politica lorenese di riforma, risanamento delle terre paludose, espansione delle aree a cultura e valorizzazione delle campagne, distraendo verso altre zone gli investitori, risultarono un errore negativo per le colline pisane e, quindi, per l’area di Fauglia che, comunque, viene elevata a Comune con atto granducale dell’anno 1776.
In una successiva fase, con decreto del 22 aprile 1808 la Toscana diviene parte dell’impero francese e viene divisa in tre Dipartimenti: del Mediterraneo con capoluogo Livorno, dell’Arno con capoluogo Firenze e dell’Ombrone con capoluogo Siena. La prefettura di Livorno, disposta in senso trasversale da est ad ovest, comprende due antiche città, Pisa e Volterra, e 64 comuni tra cui Fauglia, Collesalvetti, Orciano, Lorenzana, Pontedera, Ponsacco, Lari, Terricciola, Peccioli, Laiatico, Chianti, Santa Luce, Rosignano, Castellina Marittima e Riparbella. Le motivazioni di tale scelta probabilmente, risiedono nella volontà di puntare sulle città a più forte sviluppo borghese, lasciando un ruolo minore alle vecchie capitali locali, dominate dalla nobiltà agraria. In sostanza l’avvento della borghesia mette in crisi uno dei fondamenti degli antichi contadi e cioè, la dominazione fondiaria sul territorio.
Gli effetti della dominazione francese, di conseguenza, più che nelle città, si fecero sentire nelle campagne; infatti, da una parte il blocco navale e la conseguente lievitazione del prezzo del grano, stimolarono la messa a coltura di nuovi terreni, da un’altra vi fu una sensibile crescita delle attività industriali, ed infine si ebbe un notevole miglioramento delle infrastrutture viarie.
Con la restaurazione, il territorio viene riportato alla situazione precedente, cioè a quella del Capitanato Nuovo, anche se ormai riflessi sull’economia erano divenuti “strutturali”. Ad esempio, l’attività portuale, negli anni tra il 1830 e 1840, riguardava il commercio di esportazione solo per una quota non maggioritaria e la sua attività prevalente non risultava, quindi, più estranea all’economia della regione, servendo soprattutto l’esportazione della materie prime di produzione toscana come il legname da costruzione. D’altra parte, questo indirizzo, esportare materie prime piuttosto che manufatti, era un punto fermo nella politica economica del moderatissimo ceto dirigente toscano, che aveva il suo teorico e portavoce in F.D. Guerrazzi.
Dopo la rivoluzione fallita con i moti del 1848 la punizione che il ceto dirigente del Granducato assegnò a Livorno, fece sì che, con la legge del 19 marzo 1848 sulla nuova divisione amministrativa della Toscana, il Governo civile e militare di Livorno fosse confermato ma limitato al solo territorio comunale, mentre tutto il resto del territorio veniva ancora una volta ricondotto al Compartimento di Pisa, in tal modo, nello stesso anno a Fauglia torna a parte del Comune di Lari.
Tutto ciò fu attuato nonostante che, poco prima, fosse stato affidato al geografo Zuccagni Orlandini l’incarico di studiare un più congruo ordinamento politico-amministrativo della Toscana, studio che, per richiamandosi allo spirito del periodo francese, teneva conto, oltre che delle prospettive aperte dallo sviluppo di Livorno e del suo contado, anche delle tradizioni millenarie dei territori; in tal modo si proponeva di far rimanere nell’ambito di Pisa e comuni interni, mentre sarebbero passati a Livorno quelli che più gravitavano verso la costa, S.Luce, Riparbella, Castellina Marittima,ecc.
Nelle decisioni lorenesi attuate poi nel 1851, confluivano gli spiriti anti-industriali dei moderati toscani, desiderosi soprattutto di conservare nelle città e nelle campagne la pace sociale, che si temeva compromessa dall’industrializzazione, ma anche spinte provenienti dai ceti interessati alla salvaguardia degli antichi ceti privilegiati della città. Si andava, quindi, ad una precisa diversificazione economico-funzionale tra Livorno, col suo porto e l’attività marittima, senza necessità di un vasto territorio di pertinenza, e Pisa, fulcro dell’agricoltura delle aree interne e litoranee.
Il 3 settembre 1861 il Consiglio Compartimentale di Livorno approvava un voto per l’ampliamento del territorio provinciale in direzione di Pontedera e San Miniato, secondo il confine della prefettura nell’impero francese. Il 12 settembre 1861 il Consiglio Compartimentale di Pisa però fa una controproposta, secondo la quale dichiara una disponibilità a valutare la richiesta delle comunità di Fauglia, Lorenzana, Orciano, Collesalvetti, Castellina, Rosignano e Santa Luce.
Una successiva proposta della Commissione Parlamentare, il 1 febbraio 1865, che prevedeva l’istituzione della Provincia di Livorno mediante l’assegnazione dell’Elba, dell’intero circondario di Volterra e numerosi altri comuni, tra cui Fauglia, Collesalvetti, Lari, Chianti, Rosignano, Castellina, Riparbella ed altri, cadde nel nulla. Una proposta simile fu successivamente presentata al Parlamento dal deputato salvatore Orlando nel 1919.
In quel periodo, e precisamente nell’anno 1876, il centro di Fauglia contava 2469 abitanti, 6938 sull’intero comune.
La situazione economica dell’area, comunque, non vide più grandi modifiche fino al primo decennio del XX° secolo, quando cominciarono ad instaurarsi attività economiche diverse da quelle tipicamente agricole. Nel 1914 vengono così censite a Fauglia due segherie, una fabbrica di pipe ed una di attrezzi agricoli, due mulini, un frantoio e due piccole industrie di laterizi, oltre ad una florida attività di tessitura che, però, veniva essenzialmente svolta a livello domiciliare.
Negli anni 1922 e 1923, grazie alla presenza di Costanzo Ciano ripresero i tentativi per l’istituzione della Provincia di Livorno ed in una memoria del Duce, redatta dal prof. Ezio Barsanti, uno degli argomenti più solidi era che i paesi delle colline interne avevano istituito linee automobilistiche non con Pisa ma con Livorno e ,pertanto, si chiedeva l’annessione di 18 Comuni ubicati tra il Tora e l’Era , tra i quali anche Fauglia.
Nel gennaio 1925 si arrivò, infine, alla costituzione della nuova Provincia, i cui confini risultarono un regime di compromesso tra le “guerre” scatenate dai ras fascisti di Livorno e Pisa, Ciano e Buffarini, lasciando a Pisa i Comuni delle colline interne.
Cambiamenti strutturali non si verificarono più fino agli anni Settanta con l’esodo della popolazione agricola dalle campagne a seguito del tracollo della mezzadria ed il conseguente abbandono del tessuto insediativi sparso. Caratteristica di questo periodo è così l’incremento demografico e residenziale dei piccoli centri esistenti lungo le direttrici di mobilità che collegano il territorio con i centri urbani di riferimento, ne è un esempio Acciaiolo, centri, però, destinati in breve tempo a divenire solo paesi dormitori.
Alla fine degli anni Settanta, infine, si verificò in tutto il paese un’ampia discussione sui comprensori, che portò la Regione Toscana a ritenere superata la ripartizione zonale compiuta in occasione della prima Conferenza Regionale dell’Agricoltura e, conseguentemente, ad adottare una diversa metodologia, richiamandosi all’analisi gravitazionale. Questa parte da una estensione della legge fisica della gravitazione alle unità territoriali; si immagina, cioè, che due territori si attraggono in proporzione diretta alle loro masse, abitanti dei centri urbani, ed in proporzione inversa al quadrato delle distanze, percorrenze stradali, che li separa. Tali aree socioeconomiche furono denominate in Toscana Associazioni Intercomunali, individuate in base alla gravitazione reale della popolazione ed agli ambiti dei più importanti servizi. Per la loro identificazione fu utilizzato il criterio che si basa sui flussi dei pendolari in entrata ed uscita da ciascun Comune. È significativo che i confini delle Associazioni Intercomunale di Pisa e di Livorno vedessero di fatto confermare le ormai antiche ipotesi della proposta di Zuccagni Orlandini, di circa 120 anni prima.
All’inizio degli anni Novanta, la Regione Toscana sciolse le Associazioni intercomunali, a causa della loro inconsistenza amministrativa, della difficoltà di una loro precisa collocazione istituzionale e degli improbabili meccanismi di funzionamento e decisionali, in presenza di Enti Locali territoriali, codificati dalla carta costituzionale. Ciò, comunque, non vuole significare che tutti i nodi risultino risolti per l’area delle colline pisane, dal momento che, negli stessi atti regionali si ritrova una duplicità di collocazioni: ne è un esempio la collocazione di Fauglia ed altri Comuni dell’area nel bacino XIV per lo smaltimento dei rifiuti, insieme ai comuni di Livorno e Collesalvetti.
Peraltro, per questo territorio, il centro urbano prioritario di riferimento, almeno in relazione ad alcune tipologie di servizi, appare tuttora individuato in Livorno, anziché Pisa.